
La questione resta dunque ancora aperta, ma gli spiragli per avviare la possibilità di dare il cognome della madre ai figli sono apertissimi. Esistono, in questo senso, le raccomandazioni del Consiglio d’Europa per la piena eguaglianza tra madre e padre nell’attribuzione del cognome ai figli, esiste una legge (la 132/85) che prevede l’eliminazione di tutte le discriminazioni nei confronti delle donne nelle questioni derivanti dal matrimonio. Del resto, la scelta di assegnare il solo cognome paterno, si basa nel nostro Paese su una semplice consuetudine.
Non così avviene all’estero. In Spagna, in Portogallo e in tutti i Paesi dell’America latina vige da tempo immemorabile il doppio cognome (anche se le persone più note sono identificate con un solo cognome, spesso quello paterno, esistono casi, ad esempio quello del premier Antonio Zapatero e di Pablo Picasso, in cui la scelta è caduta sul cognome materno). In Germania c’è la possibilità di scegliere tra il cognome paterno e quello materno oppure di sceglierne uno “in comune”; in Francia, dal 2001, è consentito aggiungere a quello del padre (obbligatorio) anche quello della madre, e molta libertà è lasciata in Gran Bretagna, con le opzioni del cognome comune, di solo quello paterno o solo di quello della madre.
La questione del doppio cognome ai figli non rimane però solamente un problema di parità e di equità sociale, ma a volte diventa un problema di necessità. Pensiamo a tutte quelle madri che rimangono sole, e che sole fanno crescere i propri figli, i quali si identificano, per forza di cose, nella famiglia di origine materna. Il poter dare il cognome materno conferisce dignità al ruolo di donna e di madre, e le discriminazioni nei confronti delle donne dipendono anche dal mancato riconoscimento sociale nel ruolo di madri.
Allora, “In nome della madre” non dovrebbe rimanere solo il titolo di un famoso ed intensissimo romanzo di Erri de Luca, ma diventare una sorta slogan per ricordare a tutti l’importanza e la necessità di tutelare alcuni dei valori portati dall’universo femminile, per continuare a crescere come società civile che sia garante dei diritti di tutte le persone, uomini o donne che siano… e poi penso a mio padre (di cui sono orgogliosissima di portare il cognome) e a come si sentirebbe se un giorno la sua unica nipotina femmina, potesse chiamarsi anche come Lui.
Rita Moriconi