Come saremo una volta terminata la pandemia? Anche se ne stanno parlando e scrivendo in molti, non è un discorso ozioso. Mascherine, distanziamento e lockdown, con l’aggiunta di zone di tutti i colori continuano a mettere a dura prova abitudini consolidate che si pensava fossero a prova di bomba. Come ci riprenderemo e come potremo tornare alla nostra vita precedente, se mai ci ritorneremo? Quante macerie si lascerà dietro il Coronavirus? Ne abbiamo parlato con il professor Franco Ferrarotti, (Palazzolo Vercellese, 7 aprile 1926), il padre della sociologia italiana, accademico, politico ed ex parlamentare anche socialista, da decenni uno dei più attenti osservatori dei cambiamenti della società italiana, fondatore e direttore della rivista “La critica sociologica”. Il suo ultimo saggio “Dalla società irretita al nuovo umanesimo”, Armando Editore, è uscito a maggio dell’anno scorso.
Apriamo subito con una domanda sull’assalto a Capitol Hill da parte della destra nazista e ultraconservatrice statunitense, nonché fan di Donald Trump. Anche questo è uno degli effetti legati al Coronavirus?
«In maniera non diretta. Gli Stati Uniti sono una nazione di nazioni, tenuta insieme da una struttura rigida e da una polizia brutale. I fatti di Washington mi fanno pensare a un’impreparazione. Trump è qualcosa che sta tra il giullare e il criminale, capo popolo demagogo, populista. Tipo Huey Long, the Kingfish (il pesce reale) della Luisiana e il senatore Joseph McCharty. Ma se Trump è finito, il trumpismo no».
Chi sono, quindi, i seguaci del trampismo?
«Sono quell’insieme di persone che, nelle società avanzate, moderne e tecnicamente progredite, si sente escluso. La democrazia non è solo il rispetto delle procedure, bisogna ricordare che dietro ci sono state guerre e sangue. E’ anche un bisogno di giustizia sociale e uguaglianze. Anche il papa se ne è accorto, e quando se ne accorge il papa vuol dire che l’incendio è arrivato alla camera da letto».
Torniamo alla pandemia. Il suo punto di vista di sociologo?
«Questa pandemia è una grande crisi che impatta contro tutto quello che noi davano per scontato. Non dimentichiamo che gli esseri umani sono esseri abitudinari. Penso ai popoli mediterranei e a noi italiani in particolare. Noi che siamo gli inventori dello struscio, parliamo con le mani, ci abbracciamo. Se la pandemia non viene sconfitta entro i prossimi 24 mesi andremo sempre più verso una socialità fredda, e dovremo affrontare un’alterazione delle abitudini che potrà diventare una mutilazione».
E questo sarebbe un bene o un male?
«Le crisi fanno bene, lo dico scientificamente. Fanno soffrire, sanguinare, ma hanno una funzione epifanica perché rivelano quello che c’era dietro l’ufficialità, rivelano fratture sociali coperte, ma che ci sono».
Per fare un esempio?
«Oggi ci viene detto di stare a casa, ma se tutti devono stare a casa ci sono situazioni dove bisogna fare una prenotazione per andare in bagno. Possiamo anche parlare della didattica a distanza. Ma come fa chi non ha gli strumenti? E non parlo solo degli studenti, penso anche ai miei colleghi vetero-umanistici».
La pandemia sarà epifanica, ma fa sanguinare anche il portafoglio, o sbaglio?
«Un altro aspetto importante di questa pandemia è che ha creato una crisi sociale ed economica mai vista perché è stata duramente colpita la produzione di ricchezza effettiva. Solo i grandi gruppi terranno, ma non troppo a lungo».
Come vede il ruolo dell’Europa?
«La domanda è: l’Europa continuerà ad essere un club di bottegai litigiosi? Oggi, grazie al governo e alla Commissione di Bruxelles, abbiamo la Banca Centrale Europea che sta acquistando buoni e il Recovery Fund, cioè il Piano Marshall europeo».
Quindi, indebitarsi è l’unica via di uscita?
«E’ tempo di fare debiti, Questa non è una crisi comparabile con quella del 1929, che gli Stati Uniti hanno risolto con la piena occupazione raggiunta grazie alla seconda guerra mondiale».
Perché non è confrontabile?
«Siamo su un piano diverso, siamo di fronte a una prova nuova perché è la prima volta che si ha una vera e propria pandemia, una epidemia non più localizzata e circoscritta. La stessa Peste Nera del 1400, le grandi epidemie del passato, non sono comparabili: qui siamo di fronte a un fenomeno che coinvolge tutti. Non c’è un luogo sicuro. Io ho sempre ritenuto che il futuro dell’umanità fosse messo a repentaglio delle bombe atomiche, invece la vera minaccia planetaria è il virus. La grande ansia totale per un nemico che non si sa cos’è. La perfezione del virus che ne perfeziona la virulenza».
Come si concluderà questa crisi? Anzi come si concluderanno queste crisi sanitaria, sociale ed economica, così intrinsecamente legate fra loro?
«Un esito positivo ci sarà se tutta la famiglia umana riesce a recuperare la propria fondamentale unitarietà. In pratica, bisogna imparare a dialogare o rassegnarsi a perire».
Antonio Salvatore Sassu