L’uomo è un alto funzionario di Stato che marcia a passo spedito su seicento metri quadri di tappeto rosso e nero, sotto una pioggia di gelidi neon. In tempi austeri di vecchio stile tiepido e cortese, nessuno più di Miuccia Prada, signora milanese dal fascino discreto e dall’intuito pioniere, sarebbe riuscito a mettere in scena la parodia del potere maschile nel palazzo. Lo fa con consueta ipervisione attraverso il canale che l’ha resa celebre nel mondo: la Moda.
Una sfilata sobria e spettacolare destinata a essere ricordata nel tempo, non solo per la presenza scenica di nove attori, tra i quali Jamie Bell, Gary Oldman, Adrien Brody, Emile Hirsch e Willem Dafoe, ma per quel tocco avanguardista che offre all’uomo l’autorità di poter affermare, anche di fronte a un’opposizione, il proprio stile.
Il gerarca contemporaneo è ingessato dal dolcevita sotto la camicia a collo alto, fasciato nella nuova e seriosa regola della stratificazione del cappotto, fedele alle sue passioni appuntate al rever: riconoscimenti militari, spille di confraternite universitarie, simboli massonici, garofani di pelle, e fazzoletti inamidati che diventano origami.
Anche da Prada l’opulenta austerità del capospalla sarà l’imperativo categorico dell’eleganza per il prossimo inverno. Classico, impreziosito da colli di pelliccia di astrakan. Concettuale, a microstampa tipica delle cravatte. Da sera, come una vestaglia a doppio petto, quasi a lanciare il messaggio che il lusso esclusivo sia l’unica occupazione di una casta privilegiata. I riferimenti a persone e fatti del presente sono puramente casuali. Miuccia Prada conduce la sua determinata missione pensando alle più avvincenti citazioni storiche del potere. Questione di stile.
Martina Alice de Carli
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Bentornata 🙂